Parole, musica e danza insieme … che spettacolo!
“Voglio tornare a casa. Non c’è vista più bella della propria casa. E dei propri genitori. Anche se si vive in una casa opulenta, ma in terra straniera.”
Queste parole segnano le intenzioni di Odisseo (Giuseppe Sartori), che paventa con fermezza il suo desiderio più grande alla ninfa Calipso (Giulia Fiume) di voler fare ritorno nella propria terra. Il tema del nostos, caro a tutti i viaggiatori, ancor più a quelli siciliani, spesso migranti, si manifesta sin dalle prime battute della resa teatrale dell’Ulisse, l’ultima Odissea, lo spettacolo messo in scena il 29 giugno al teatro greco di Siracusa, che rientra nel programma del 58°ciclo di rappresentazioni classiche dell’Inda, e in scena fino al 2 luglio. Perché, come dichiara il regista Giuliano Peparini, la formula del ritorno porta con sé un profondo senso di speranza che riguarda ciascuno di noi.
Chi ha confidenza con il poema omerico non ne resta certo stupito, tuttavia c’è qualcosa di familiare che coinvolge chi assiste. Le atmosfere non sono di epoche lontane, ci si trova catapultati in un odierno aeroporto in cui suoni, colori e movimenti testimoniano situazioni all’ordine del giorno. Tra passeggeri omologati che caoticamente corrono da un gate all’altro, emergono le figure dell’aedo che veste i panni del clochard (Massimo Cimaglia) che si inserisce nella trama per convogliare l’attenzione del pubblico ora ad un’avventura, ora ad un’altra vissuta da Ulisse e lo stesso protagonista che interrogato dai passeggeri che attendono di poter ripartire, si racconta in attesa di poter anche lui rientrare verso Itaca. Dalle vicende con i ciclopi, all’incontro con le Sirene, al periodo vissuto con la maga Circe, alle avventure tra Scilla e Cariddi, il racconto si sviluppa su piani narrativi fedeli al testo greco ma con una perfetta resa in chiave moderna, dovuta ad un’armonia espressiva avvincente e coinvolgente tra testo, musiche, trovate scenografiche e danze. Lo spettacolo riesce a stupire gli astanti grazie ad una combinazione di altissimo livello di linguaggi espressivi. La parola del libretto di Francesco Morosi trova infatti la sua dimensione plastica in ogni singolo movimento adottato da tutto il corpo di attori e ballerini (100 gli artisti coinvolti). Il risultato è uno spettacolo finalizzato al dialogo tra le arti, in cui ciascuna è a supporto dell’altra, senza la volontà di farne primeggiare qualcuna.
Così come si propongono reinterpretazioni dell’immaginario comune, facendo di personaggi normalmente femminili, come quello delle sirene, ruoli interpretati da soggetti maschili che hanno letteralmente ammaliato in una danza abilmente costruita in accordo ai costumi di scena.
Quando i voli tornano ad essere operativi, Ulisse volge le spalle al pubblico perché pronto a fare rientro a casa. Da lì si lascia spazio all’immaginazione di ciascuno degli astanti. Seguono almeno quindici minuti di applausi con cui la cavea gremita del teatro ha salutato gli attori, direttori artistici e produzione in una sentita standing ovation.
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