Il romanzo “H di Elena”, di Paolo Sarcià, edito da Sampognaro & pupi, presentato nella biblioteca di Villa Reimann, è uno scandaglio sull’universo femminile negli anni del dopo guerra, a dispetto della verità, a beneficio dell’apparenza. A disquisire sul libro, dopo l’introduzione di Irene Gionfriddo, presidente della sezione locale della Fildis, è stata Daniela Tralongo, editore della suddetta casa editrice; le letture sono state affidate all’attrice Desirè Giarratana. Nel libro – come è stato evidenziato - le protagoniste - Helena (la figlioletta), Marilù (la madre), Titina (la nonna) - incarnano tre diverse generazioni la cui evoluzione, che va di pari passo con quella della loro terra, la Sicilia, fa ipotizzare, inizialmente, un’unica direzione.
Siamo negli anni compresi tra il 1945 e il 1960, e i personaggi, dunque, agiscono in quell’isola, crogiolo di meraviglie, e alveo di contraddizioni, dove la montagna dall’alto della sua imponenza e supponenza occhieggia al mare, la desolata pianura fa pendant con l’amena collina, e dalla stratificazione di culture nascono creature dagli occhi cerulei e capelli d’oro o con la carnagione olivastra e sguardi di brace. Un luogo, dunque, dove il parlato si fa traslato, sopperito da una gestualità teatrale. È, dunque, quella Trinacria in cui ci si muove con lentezza, lo scirocco è una cappa opprimente, e l’omertà si traduce in nun sacciu nenti. È il versante orientale della Sicilia che l’autore, avvocato penalista, tratta con deferenza e confidenza, perché, dal suo ventre è stato generato e in quelle zolle arse dal sole le sue radici vi ha piantato. Il territorio prevalentemente battuto è quello che da Avola si estende verso Siracusa, una macchia dove Marilù, che vive con la madre, Titina, dopo l’incontro fortuito con un soldato delle truppe alleate, - comu fu e comu nun fu - restò prena. Un fatto scandaloso, che bisogna ammucciare, per non fare passare la ragazza per grannissima svergognata. La madre, perciò, è disposta a mbrugghiari che la creatura, quando nascerà, è figghia so’, ma i conti spesso non tornano e suo marito non è ancora tornato dalla guerra. Una gravidanza, dunque, sarebbe impensabile, non sia mai lei la sdisonorata, assai meglio dire che Marilù vittima di violenza fu, da parte di un uomo che la prese cu priputenza. Un espediente letterario che, in ossequio alla mentalità diffusa, diventa tradimento della giurisprudenza, in una Sicilia dove la legge mai è perfetta scienza. La descrizione degli avvenimenti - di cui Desirè Giarratana ha offerto un’ottima interpretazione - è spesso scenografica - ha sottolineato Daniela Tralongo, - lo stile raffinato e mai banale non ha bisogno di abbellimenti. I lettori si chiederanno come andrà a finire, se la giustizia muoverà i primi passi o la sete di vendetta potrà placarsi. Il giudizio sull’accaduto resterà forse sospeso, nessuno si azzardi a pronunciarlo, sarà per sempre vilipeso.
©riproduzione riservata