Si è spento ieri all'età di 96 anni, l'ex senatore e dirigente del Partito Comunista Emanuele Macaluso.
La politica è stata la sua vita, fino alla fine. Giornalista, sindacalista, segreteriao del Partito Comunista, direttore del giornale L'Unità e Senatorie della Repubblica Italiana. La sua è stata una vita intensa e spesa per il bene comune. Nisseno di nascita e romano di adozione, Macaluso non ha mai dimenticato la Sicilia. Giornalista prima di ogni cosa, si faceva aiutare dal collega ed ex giornalista dell'Unità Sergio Sergi, nella gestione della Pagina Facebook Em.Ma, perché non possedeva nemmeno un computer, ma il desiderio di scrivere era troppo forte.
Il suo primo pezzo uscì nel 1942 sull'Unità, allora testata clandestina: una denuncia delle condizioni di lavoro degli zolfatari nisseni. Macaluso aveva soltanto 18 anni. Negli anni successivi è stato a capo della Cgil siciliana a 23 anni, leader dei deputati regionali del Pci a 28, con cui ideò la controversa "operazione Milazzo", parlamentare per sette legislature, poi direttore dell'Unità, amico personale di Napolitano, Berlinguer, Guttuso, Sciascia, Di Vittorio. Uno dei volti dell'opposizione negli anni di Portella della Ginestra e del separatismo banditesco, che di contro aveva gli agrari legati a Cosa Nostra. Da capo del sindacato, Macaluso batté l'Isola palmo a palmo aprendo ovunque sezioni del partito, occupando le terre nella zona d'influenza di Genco Russo e guidando i contadini nell'occupazione dei feudi. Macaluso una volta dichiarò: «La lotta alla mafia allora non si faceva a chiacchiere». La sua vita privata ha seguito il ritmo incalzante della vita professionale e politica: a 16 anni scampò per miracolo alla tubercolosi; negli anni Quaranta finì in carcere per adulterio; nel 1960, dopo una denuncia della DC, fu latitante per otto mesi perché per la legge di allora i figli avuti da Lina (una donna già sposata) non potevano essere i suoi; una sua compagna, nel 1966, si uccise buttandosi da una finestra dopo che lui l'aveva lasciata; un figlio, Pompeo, storico rinomato, è deceduto a 65 anni per un ictus, cinque anni fa.
Questo insieme di esperienze, a volte estreme, il suo stare sempre nel cuore della battaglia civile e sociale, hanno rappresentato un deposito di conoscenze che hanno fatto di Macaluso un vegliardo. Per quelli della sua generazione la politica andava nutrita di studi e di libri e lui, originariamente minatore, aveva cercato di riempire i vuoti della sua istruzione leggendo quanto più possibile. Non solo siciliano ma anche uomo di mondo. Nel dopoguerra conobbe Palmiro Togliatti, con il quale fece un viaggio in treno fino a Mosca e che poi lo chiamò nella sua segreteria nel 1963. A Roma, anni dopo, divise la stanza di "Botteghe Oscure", la sede del Pci, con Enrico Berlinguer il quale, nonostante le critiche avanzate da Macaluso, insieme a Giorgio Napolitano, al compromesso storico con la DC, nell'aprile 1982 gli affidò il risanamento dell'Unità. Allora la testata vendeva ancora 150mila copie, ma era piena di debiti, così Macaluso la svecchiò, introducendo i listini di borsa, Staino e la satira, aumentando la dose di polemica e siglando i suoi corsivi con l'acronimo Emma, invenzione che si deve a Giorgio Frasca Polara. Quando, nel giugno 1984 Berlinguer morì, toccò a Macaluso fare i titoli cubitali della prima pagina.
Libertario, fuori e dentro il partito, la sua era una voce dai toni sferzanti e aspri, commentatore del pubblico più che del privato, intelligente e libero. Nonostante fosse estraneo a questa nuova generazione politica italiana, ha continuato a indagarne le contraddizioni, a cominciare dalla crisi della sinistra.
Il mondo del giornalismo e della politica hanno perso un dei volti e delle voci di una Sicilia e di un'Italia passate, sempre viva e vigile, che rimpienageremo di certo e dalla quale non resta altro che imparare.
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