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Gli Ebrei di Sicilia: una comunità antica che continua a vivere

2021-01-27 11:31

Francesca Brancato

News, Sicilia, notabilis, catania, sicilia, siracusa, comunità ebraica siciliana, bagni ebraici ortigia, giornata della memoria 2021,

Gli Ebrei di Sicilia: una comunità antica che continua a vivere

L'antica comunità ebraica siciliana, dalle origini ai giorni nostri: ricordare è conoscere!

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Nella Giornata della Memoria si celebra la liberazione del campo di sterminio di Auschwitz - Birkenau, avvenuta il 27 gennaio 1945, ad opera delle truppe sovietiche. In questo giorno che ci accomuna tutti nella memoria e nel ricordo degli orrori che l’uomo ha prodotto nel corso della storia, è bene raccontare della comunità ebraica di Sicilia, la cui presenza è attestata a partire dai primi secoli dopo Cristo.

Fu in seguito all'istituzione dell'Emirato di Sicilia da parte degli arabi Kalbiti che in Sicilia si stabilirono "civiltà giudaiche di espressione arabo-magrebina". Ma nel 1310 il Re di Sicilia, Federico III, adottò una politica restrittiva nei confronti degli ebrei, costretti a contrassegnare le loro vesti e le loro botteghe con la "rotella rossa", inoltre il re vietò loro qualsiasi rapporto con i cristiani. La presenza ebraica in Sicilia era molto ampia e si pensa che alla fine del XV secolo fosse composta da circa 25.000 unità. Nel 1454 si contavano 44 comunità. Le più ampie erano quelle di Palermo, Siracusa e Agrigento, che avevano circa 5000 ebrei ciascuna, seguite poi da Catania, Trapani, Marsala, Sciacca e Messina, con più di 2000 ebrei ciascuna; infine, tra 100 e 1000 ebrei le comunità ebraiche di Caltagirone, Modica, Ragusa, Randazzo, Savoca, Limina, Piazza Armerina, Mineo ed altre.

Ciascuna comunità ebrea della Sicilia era chiamata aliama o giudaica (Judaica) o giudecca. Tali comunità, nel tardo medioevo, godevano di una propria autonomia politica, amministrativa, giudiziaria e patrimoniale, provvedeva all'imposizione e alla riscossione delle imposte e svolgeva servizi fondamentali, come la scuola, il notariato, l'ospedale, il cimitero, il macello e l'assistenza ai più bisognosi. Ogni giudaica aveva un organo deliberativo, rappresentato dal consiglio regionale, che a sua volta eleggeva i proti (che formavano l'organo esecutivo) e il comitato delle imposte (che ripartiva tra le famiglie l'onere dei donativi da versare all'erario). Altri ruoli venivano esercitati dallo shochet (addetto al macello), dal mohel (colui che operava la circoncisione) e dagli shammashim (che si curavano della sinagoga). Nel 1470 si ha notizia di un provvedimento restrittivo nei confronti degli ebrei residenti in Savoca, avente per oggetto la sinagoga di quella città, poiché l’edificio sorgeva in un quartiere abitato da cristiani, vicino a chiese e al "Palazzo della Curia" all'interno del quale avevano sede l'amministrazione e le magistrature cittadine. Così l'edificio venne confiscato su ordine del Viceré di Sicilia Lope III Ximénez de Urrea y de Bardaixi, che dispose anche che la sinagoga venisse edificata in altro luogo. Nel 1474 si verificarono due gravissimi eccidi nell’Isola: a Modica, dove secondo alcuni le vittime sarebbero state addirittura 470, in un periodo ancora incerto, compreso tra il 15 agosto ed il 18 settembre; a Noto, dove si contarono almeno diciotto morti. Gli ebrei furono rivalutati da re Alfonso, che concesse loro diritti rimasti in vigore fino al momento della loro espulsione dalla Sicilia, decretata da Ferdinando II di Sicilia e da Isabella di Castiglia nel 1492.

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In seguito all'espulsione degli ebrei dalla Sicilia, una parte della comunità trovò protezione sotto Ferdinando I di Napoli. Alla sua morte però, gli ebrei videro la propria sorte capovolgersi: il re di Spagna nel 1510 emise, infatti, un ulteriore atto di espulsione degli ebrei da tutta l'Italia del Sud, evitabile solo con il pagamento di 300 ducati, atto che però non fu più possibile con l’emanazione di un definitivo editto di espulsione del 1515. Nel corso degli anni successivi sembra che gli ebrei rimasti in Sicilia, molti dei quali si convertirono e cambiarono cognome, fossero ben integrati all’interno della comunità. Questo fino ai primi anni del Novecento. Nel 1938, sulla base del censimento fascista, a Catania vivevano 75 Ebrei, pochi dei quali erano originari catanesi. Tra questi un'importante eccezione è costituita da Antonino Lanza, di madre ebrea (Nurian Falcon Levi, di origine polacca), deportato a Dachau, matricola 361.809, dal quale - unico tra gli ebrei siciliani deportati nei campi di concentramento - riuscì a salvarsi. 

Alla fine del XX secolo inizia ad esserci un aumento dell'interesse relativo alla radice ebraica siciliana, sia da parte della rivista Shalom, che della Regione Siciliana, che per iniziativa dello studioso Titta Lo Jacono. In questo periodo, oltre all’organizzazione di seminari e congressi, venne proposta la realizzazione di una sinagoga in Sicilia ad Agira (EN) e la valorizzazione dei monumenti ebraici siciliani, considerati unici nel loro genere nel bacino del Mediterraneo, tra i quali il Bagno ebraico di Siracusa. Oggi la comunità religiosa ebraica di Catania, come quelle di tutta la regione ad eccezione di Siracusa, è demandata alla comunità ebraica di Napoli, che ha la competenza sulle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia. Dal 2009 Catania è l'unica città che, pur non avendo una sinagoga, ha ottenuto dall'Ucei - Unione delle comunità ebraiche italiane l'autorizzazione all'accensione del candelabro durante la Hanukkah

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A Siracusa invece, gli ebrei sono presenti sin dal tempo di San Marciano. Prima di essere ammessi in Ortigia abitavano nelle grotte pelopie di Akradina. Essi erano quasi tutti residenti nella contrada della Giudecca, nel cuore di Ortigia, nella quale costruirono in Vicolo dell'Ulivo un macello pubblico e un attrezzatissimo ospedale. Tra i monumenti ebraici rimasti nella città aretusea, ricordiamo il celebre Bagno Ebraico costruito al di sotto di Via Alagona, forse il più grande nell'Europa bizantina, che soddisfaceva le esigenze religiose dei quasi 5.000 ebrei della città, e la sinagoga, l'attuale Chiesa senza tetto di San Giovanni Battista.

Negli ultimi anni, dopo più di cinque secoli, nel 2010 a Siracusa è nata una comunità ebraica con una sinagoga nel quartiere Tiche. La comunità è composta da circa 40 persone di religione ebraica che abitano in varie parti della Sicilia orientale e alcune perfino in Calabria. Nel 2011, per la prima volta dopo il 1492, a Palermo è stato ufficialmente celebrato un Bar mitzvah, mentre 12 gennaio 2017 l'arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, ha donato all'Unione delle Comunità ebraiche l'oratorio di Santa Maria del Sabato, per farne la nuova sinagoga. Ancora una volta, la Sicilia, dimostra di essere crogiolo di storie e culture, porto sicuro per le diversità religiose e culturali, luogo dove gli errori del passato non vengono dimenticati, ma diventano le basi sulle quali costruire un nuovo futuro di tolleranza e conoscenza.

 

 

 

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