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Dall'assegnazione del premio per il concorso "Io resto a casa" agli esami di stato 2020: la parola agli studen

2020-07-20 13:39

Emilia Rossitto

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Dall'assegnazione del premio per il concorso "Io resto a casa" agli esami di stato 2020: la parola agli studenti dell'Istituto Superiore Einaudi di Siracusa

Dall'assegnazione del premio per il concorso "Io resto a casa" agli esami di stato 2020: la parola agli studenti dell'Istituto Superiore Einaudi di Siracusa.

«Una corsa all’ultimo banco, la sesta ora al quinto piano, l’odore di una scuola nuova, la prima assemblea, uno spettacolo in auditorium, gli occhi nel compagno di banco che cerchi sempre durante un compito, gli amici che vedi solo a ricreazione, il primo amore e i primi sassi della vita che ti colpiscono lo stomaco lasciandoti senza fiato. In fondo questo luogo è stato il nostro nido, perché qui potevamo sentirci protetti dal resto del mondo. Ma adesso è l’ora di volare, con il cuore colmo di ricordi, lontano verso la propria strada. Direzione: la vita!».

Sono state queste alcune delle parole pronunciate dalla studentessa neodiplomata Valeria Piazzese nei locali dell’Istituto Einaudi di via Agnello a Siracusa. Battute che hanno sancito gli ultimi momenti vissuti dagli studenti del quinto anno in occasione della consegna degli attestati e della premiazione per il concorso “Io resto a casa”, vinto dallo scatto di Salvo Carruba e dal testo di Chiara Borzì, che si è tenuta lo scorso martedì pomeriggio.

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Tanta commozione, gli auguri del dirigente scolastico Teresella Celeste, ma anche un commiato del sindaco Francesco Italia che non ha rinunciato a salutare uno per uno gli oltre cento studenti che componevano i maturandi delle nove quinte congratulandosi ed augurando «un futuro alla scoperta dei propri talenti per autorealizzarsi e per contribuire alla crescita e allo sviluppo delle nostre comunità». Eppure, nonostante distanziamento e mascherine gli studenti non ci stanno ad essere ricordati come la “generazione Covid” e ci tengono a puntualizzare che il loro Esame di Stato non è stato da meno rispetto ai loro predecessori. «A causa della situazione drammatica che abbiamo vissuto – ha sottolineato Piazzese – siamo stati privati dei nostri ultimi momenti di libertà come festeggiare i cento giorni prima degli esami, le ultime assemblee ma anche la notte prima dell’esame. La didattica a distanza è stata utile e necessaria per mantenere i contatti. Una dimostrazione che la cultura e l’istruzione non si sono fermate. Siamo stati capaci di continuare a studiare ma anche a scherzare delle piccole cose nonostante la distanza. Alcuni di noi non hanno trovato subito la forza di adattarsi altri invece hanno studiato persino di più. Il giorno degli esami abbiamo ribattezzato i professori gli “otto cavalieri mascherati” e la nostra ansia dell’esame non è stata inferiore, anzi, l’orale è stata l’unica carta che ci consentiva di conseguire il nostro ultimo risultato ed è stato emozionante allo stesso modo. Non sarà possibile per noi recuperare le occasioni perse ma ci concederemo una cena con i professori per poterci salutare. Il nostro futuro è complicato, come d’altronde non era affatto confortante la situazione economica pre-Covid. Per noi adesso c’è bisogno di normalità, una dimensione che non è ancora in atto per via delle modalità a distanza con cui si stanno svolgendo i test di ammissione in numerose facoltà d’Italia. Vogliamo scoprire l’indipendenza, la lontananza dagli affetti per non essere ricordati come la generazione Covid».

Ad unirsi alle riflessioni di Piazzese anche Gabriele Coppa che ha ripercorso l’esperienza surreale e improvvisa di didattica a distanza, ma che ha anche ricordato il grande assente di quest’anno, Simone Geracitano, lo studente scomparso in un incidente stradale poco più di un anno fa. «Senza dubbio la didattica a distanza ha avuto anche dei risvolti negativi perché non ci ha consentito di vivere la scuola come luogo fisico e come comunità scolastica - ha detto Coppa -. Infatti, la scuola è il luogo per eccellenza dove si vive con gioia la socialità. Nessuno avrebbe potuto mai pensare che il 4 marzo sarebbe stato, per noi del quinto anno, il nostro ultimo giorno di scuola in presenza.  Sicuramente è rimasta dentro di noi l’amarezza di non aver potuto vivere questi ultimi mesi insieme. Credo che la scuola abbia deciso di celebrare i neodiplomati per dare la possibilità di avere un ultimo ricordo con gli altri studenti e per ovviare all’impossibilità di vivere insieme e come comunità l’ultimo giorno di scuola. È difficile parlare di Simone con il quale abbiamo condiviso molto più dei quattro anni scolastici: amicizie, viaggi, sport, feste, progetti di vita. Forse il pensiero che racchiude meglio di altri il ricordo di Simone, in questa particolare occasione, è il messaggio che ci ha inviato una nostra professoressa per l’esame di maturità nel quale ci diceva: “Carissimi ragazzi, state per affrontare uno dei giorni più indimenticabili della vostra vita. Avrei voluto abbracciarvi, uno per uno, e dirvi che il vostro esame di maturità lo avete già affrontato poco più di un anno fa. Abbiate sempre un sogno o un progetto da inseguire e non abbattetevi mai. Vi porterò sempre nel cuore, accanto al nostro amato Simone”».

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A cogliere appieno l’animo nobile degli studenti, spesso sottovalutati, è stata soprattutto il dirigente Celesti, che ha definito la scuola come colei che dall'emergenza ne è uscita a testa alta e che è stata la “grande maestra”: «La didattica a distanza è stato un atto eroico degli insegnanti. Il contratto nazionale, che in occasione dell’emergenza non ha subito variazioni, non prevedeva questa modalità di insegnamento. Eppure, nessun docente si è munito di sindacalista. Questo percorso ha sicuramente cristallizzato le situazioni precedenti rendendo gli alunni bravi ancora più capaci e facendo smarrire chi non si applicava molto. Di certo la scuola resta presenza, complementarità, scambio di sguardi e di emozioni. I nostri ragazzi, ad ogni modo, hanno dimostrato di sapersi raccontare senza retorica descrivendo le proprie paure, spesso rivolte ai nonni le categorie più fragili, e dimostrando ancora una volta di non essere vestiti da una corazza di indifferenza. I ragazzi possiedono un animo nobile, in una contemporaneità non facile e spesso siamo noi che tendiamo a sottovalutarli, sbagliando. Nella mia idea di scuola era un atto dovuto, anche nei loro confronti, quello di concederci tutti insieme un ultimo momento per vederci e salutarci».

 

 

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