I beni culturali siciliani custoditi nei depositi regionali si mettono in vetrina in luoghi pubblici o privati aperti al pubblico. Lo prevede la così detta "Carta di Catania", un decreto firmato dall’assessore regionale ai Beni culturali, Alberto Samonà, con cui si autorizzano soprintendenze, parchi archeologici, musei, gallerie e biblioteche, a concedere in uso per la valorizzazione e la pubblica fruizione il cospicuo patrimonio in giacenza nei depositi.
Il decreto va ascritto all’impegno della soprintendente dei Beni culturali di Catania, Rosalba Panvini che, in linea con i contenuti del decreto, ha già aperto i caveau della Regione per esporre nella sala pinacoteca del Museo Diocesano di Catania le importanti raccolte Urzì e Nicolosi. I beni a cui si fa riferimento nella Carta di Catania sono quelli acquisiti per confisca, quelli donati o consegnati spontaneamente, quelli di più vecchia acquisizione per i quali sia stata smarrita la documentazione e, in generale, quelli deprivati di ogni riferimento al loro contesto di appartenenza.
Gli istituti periferici della Regione dovranno ora provvedere alla formazione degli elenchi di beni, suddivisi per lotti omogenei in relazione alle caratteristiche storico-culturali o tipologiche. Per tale attività si potrà anche fare ricorso a studenti universitari in discipline connesse alla conservazione dei beni culturali che opereranno in regime di tirocinio formativo. La concessione in uso di beni culturali in giacenza nei depositi sarà subordinata al pagamento di un corrispettivo che potrà avvenire, oltre che in denaro, anche attraverso la fornitura di beni e servizi destinati al patrimonio oggetto della concessione, o in favore di altri beni in giacenza nel medesimo deposito di provenienza o, ancora più in generale, attraverso azioni che mirano a proteggere e valorizzare il patrimonio regionale quali, a titolo esemplificativo: restauro, analisi archeometriche, catalogazione, pubblicazione e marketing. Altre modalità previste potranno essere la fornitura di beni, servizi, infrastrutture o migliorie in favore del deposito di provenienza dei beni, misure da concordarsi di volta in volta con l’istituto concedente.
Sarà adesso compito del dirigente generale del Dipartimento, Sergio Alessandro, predisporre lo schema unico di bando pubblico che dovrà stabilire i criteri per la concessione in uso che potrà avere una durata compresa tra i due e i sette anni, prorogabile una sola volta. Le soprintendenze dei rispettivi territori vigileranno sui beni che saranno affidati.
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