“Figlio del caos”, la trasposizione teatrale del testo di Pirandello, per la regia di Tatiana Alescio, è stata un viaggio nella letteratura, dove la parola morde la carne e la finzione è soltanto nell’architettura.
Lo spettacolo, messo in scena al Teatro “Garibaldi” di Avola, di cui la direttrice artistica è la stessa Tatiana Alescio, era inserito nel cartellone di eventi allestito di concerto con l’amministrazione comunale – il sindaco, Rossana Cannata, e l’assessore alle Politiche sociali, Corrada Di Rosa – in collaborazione con il Comitato di gestione. Lo spettacolo ha preso il là con la voce fuori campo di Enzo Brasolin, un attore che, ricalcando la formula originaria, ha formulato il pensiero dello scrittore: “Una notte di giugno caddi come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna di olivi saraceni affacciata sul mare africano. Io dunque sono figlio del caos, e non allegoricamente, perché sono nato in una contrada denominata dagli abitanti di Girgenti, Càvusu“.
Un linguaggio che dà contezza dello stile dell’autore, i cui preziosismi letterari sono una rarità, mentre ampio è il ricorso alle forme colloquiali tipiche dell’oralità. Il sipario si è alzato su “Lumie di Sicilia”, la cui protagonista, Teresina, cerca col canto il riscatto dalla vita. E cantante, al nord, lo è diventata, Marnis Sina, ormai, è il suo nome, e non è proprio una colombina… L’antico fidanzato, Micuccio Bonavino, le porta dei frutti (lumìe, simbolo di purezza) in dono, ma non glieli fa toccare, ed esterrefatto, va via, no, no, non può concederle il perdono: “Sul finire del 1893, sullo stradone che porta da Porto Empedocle ad Agrigento, conobbi Maria Antonietta Portulano. Lo sappiamo tutti che il nostro fu un matrimonio combinato dalle famiglie per risolvere le problematiche economiche“.
La voce fuori campo racconta del matrimonio del drammaturgo, tre figli - Stefano, Lietta e Fausto - ma l’epilogo con Antonietta è assai infausto. Pirandello scrive all’amata sorella Lina, la zolfara è andata bruciata, e la pazzia di Maria Antonietta si è acutizzata. Ed ecco che cambia la scena, “L’altro figlio” è entrato e il pianto di una vecchia madre, Mariagrazia, si fa disperato. I suoi due figli, partiti per l’America, non danno seguito alle sue lettere, e lei, ridotta in miseria, rifiuta il figlio affettuoso: non sia mai, è frutto di una inaudita violenza, fattami da un avanzo di galera. E con “Il berretto a sonagli” lo spettacolo si innalza; la signora Beatrice Fiorica, gelosa e insoddisfatta, il delegato Spanò, amico di famiglia, incalza. Il tradimento del marito, il cavalier Fiorica, con la moglie del suo scrivano Ciampa, va punito, ma Ciampa avverte, che tra le corde presenti nella nostra testa, seria, pazza, quella civile bisogna girare, perché alla collettività il proprio io non bisogna mostrare. A calcare la scena, tra svolazzi di seta, pizzi neri e abiti maschili lusinghieri, c’era un cast d’eccezione Tatiana Alescio, Sergio Molino, Mary Accolla, Giuseppe Orto, Rosalba Casentino, Lucia Giudice e Giuseppe Cassia. Quanti attori attorno! E Pirandello puntualizza: “Dal caos vengo. Al caos ritorno“.
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