Classico e contemporaneo a dialogo tra scene, costumi e dialoghi del Prometeo Incatenato
Il Prometeo Incatenato di Eschilo continua a fare il tutto esaurito. A distanza di venti giorni dal debutto, il pubblico del Teatro Greco di Siracusa, colmo anche di scolaresche provenienti da tutta Italia, ha risposto allo spettacolo diretto da Leo Muscato con grande entusiasmo. Lunghi applausi hanno salutato lo show messo in scena da Alessandro Albertin (Prometeo), insieme a Doniz Ozdogan (Io), Davide Paganini (Kratos), Michele Cipriani (Efesto), Alfonso Veneroso (Oceano), Pasquale di Filippo (Ermes) e tutto il coro delle Oceanine.
Cosa è andato in scena?
Lo sforzo di Roberto Vecchioni è stato quello di attualizzare il discorso o meglio i discorsi dei personaggi, a partire dalle perifrasi “com’è facile dare saggi consigli per chi non prova dolore ma lo guarda”, all’immagine del potere che viene elargito con regali qua e là, o ancora alla riflessione sulla caducità di qualsiasi forma di potere, per cui le suppliche fatte ad una sua rappresentazione non sono utili perché anche questa avrà una fine e ne subentrerà un’altra. Alla semantica segue in perfetta linea la scelta della scenografia di Federica Parolini, studiata per ricreare un ambiente straniante in cui alla ruggine del silos (la rupe a cui è incatenato Prometeo) e della fabbrica abbandonata da cui entrano in scena i “galoppini” di Zeus, seguono stridori metallici delle macchine azionate e della manifestazione della collera divina che interrompe in vari momenti, con effetti di luce, le parole del ribelle e della povera donne bue (Io) nel racconto delle proprie disgrazie procurate dal nuovo re dell’Olimpo. Se tutta la scena sembra farci entrare in uno scenario non molto lontano dal nostro immaginario ma ugualmente privo di coordinate, sarà il ritmo ansimante con cui intervengono le Oceanine, tra richieste di chiarimenti e prese di coraggio finali, che ci riporta alla musicalità più classica della tragedia. Che questa di Eschilo sia una tragedia sempre attuale lo si deve prima di tutto alle tematiche affrontate. Dall’archetipo dell’eroe che si scaglia a favore dei più deboli contro chi vuole esercitare la propria supremazia e usa la violenza per far valere il proprio potere, alle possibilità che derivano dall’uso della “tecnica“ – l’uso del fuoco è alla base di tutta la successiva evoluzione nella civilizzazione degli umani –, e ancora al concetto di giustizia, che inizia a farsi largo tra le argomentazioni avanzate dal protagonista, sono molti gli ingredienti utili ai fini della veicolazione della storia. Ciò nonostante, resta la resa di un dramma calato dall’alto dell’essenza divina di Prometeo. Da qui, la sensazione di una tragedia ben orchestrata, con un ottimo cast, ma che lascia lo spettatore un po’ a distanza.
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