“Itria”, lo spettacolo svoltosi al teatro “Garibaldi” di Avola, nel rievocare una tragica pagina della nostra Storia, ha sondato il dolore di una delle famiglie coinvolte, tramite un viaggio della memoria. Sul palco, lei, Aurora Miriam Scala, il piglio è quello di un’attrice navigata, la voce, che a volte è un flebile gemito, prorompe in urlo straziante che diventa tremito. La lingua di Itria – donna siciliana - è il dialetto, incline ad esprimere al meglio l’emozione, la rabbia e l’affetto, l’inizio è un “repitu”, un funebre lamento, “Morsi cu’ morsi tannu e aiutu mancu ci nni potti, cu’ mori mangia terra e cu’ campa fa ‘a guerra” che all’inaudita sofferenza aggiunge il tormento.
I fatti sono quelli di Avola, in cui il 2 dicembre 1968, al culmine di una protesta contadina trovarono la morte Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona, diversi i feriti, la mano della polizia fu assassina. Itria è la moglie di Peppuccio, bello, alto, ca pari Amedeo Nazzari, mentre sua madre, il figlio di don Turiddu, il panettiere, gli voleva fare maritare. Allora, c’erano i braccianti agricoli di serie A, che si spaccavano la schiena nella zona nord di Siracusa, la città, e quelli di serie B, che, nella parte sud, venivano spolpati dai compagni, i caporali, ormai, assoldati. Sono proprio costoro ad alzare la voce, patruni e latruni, ma con i proprietari terrieri non si trova l’intesa, meglio perciò lo sciopero e non la resa. Itria, il cambio di abito è repentino, muta la forma – ora impersona i figli, Carmela, Santo, Paoletta, ora un caruso che porta Peppe all’ospedale – non può più sfuggire a quell’avverso destino. È un vorticare di ricordi, tra flashback e incursioni nel presente, è un districarsi di pensieri nell’occulta stanza della mente.
Le voci fuori campo sono di Cinzia Maccagnano, Andrea Maiorca, Valerio Puppo, Alessandro Romano, Corrado Scala, Giuseppe Vigneri. Lo spettacolo di e con Aurora Miriam Scala, inserito nel cartellone di eventi dalla direttrice artistica del teatro “Garibaldi”, Tatiana Alescio, in collaborazione con il comitato di gestione dello stesso, e patrocinato dall’amministrazione comunale – il sindaco, Rossana Cannata, e l’assessore alle Politiche culturali, Corrada Di Rosa, - si è avvalso del supporto tecnico di Valerio Puppo, dell’aiuto regia, Maria Chiara Pellitteri, di “Freezer09-lab”, per le scene e i costumi e della “Bottega del pane teatro” per la produzione. A distanza di 55 anni da “I fatti di Avola”, la cui inchiesta è stata secretata, la verità, resta un mistero, perché mai è stata scrutata. E il teatro, dove si applaude alla finzione, ha sete di giustizia, fosse pure lo spazio di un’illusione.
“Ma cu’ ammazzau a Peppe? A me maritu?”
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