È approdato in libreria da pochi giorni il secondo testo della nuova collana di Carbonio Editore, “Particelle”, una raccolta di scritti brevi con cui la casa editrice milanese intende creare una circolarità di discussione tra filosofia, politica, attualità, arte e pamphlet del passato. A quest’ultimo genere appartengono i primi due libri già pubblicati: La democrazia in Pandemia di Barbara Stiegler (gennaio 2021) e Contro la musica di Manlio Sgalambro, in libreria dal 7 ottobre 2021, in un’edizione corredata dalla prefazione di Elena Sgalambro, figlia del noto filosofo e scrittore siciliano autore del pamphlet.
Il testo era stato pubblicato per la prima volta nel 1994 da De Martinis & C., casa editrice catanese fondata tra gli altri dallo stesso Sgalambro, che ne dirigeva la collana di saggistica. Risaliva invece a un anno prima l’incontro tra l’autore e Franco Battiato, che aveva dato vita a una collaborazione artistica durata parecchi anni e che sembra già presagirsi leggendo le pagine di Contro la musica (il cui valore, del resto, Battiato aveva riconosciuto sin da subito su «la Repubblica»).
Il pamphlet è infatti una riflessione coltissima e profonda sull’ethos non della musica ‒ che a detta di Sgalambro ne è sprovvista ‒ bensì dell’ascolto, inteso quale origine stessa della musica. Quest’ultima ‒ si legge più volte ‒ viene creata solo per essere ascoltata, non per stabilire un ordine tra suoni, come invece si dovrebbe.
Essa non libera dal raccapriccio per l’esistenza; al contrario, sta dalla parte del mondo e non aiuta l’uomo a difendersene: questo ‒ il vincolo con il mondo ‒ sarebbe allora il suo vero limite, una prigione ben peggiore delle dinamiche legate al mercato culturale a cui pure soggiace:
«Beethoven scrive a Wegeler: “Le mie composizioni mi fruttano molto e posso dire di avere più commissioni di quanto mi sia possibile soddisfare. Per ogni pezzo ho sei, sette editori e più ancora, se me ne volessi curare; con me non ci si accorda più, io chiedo e mi si paga. Vedi bene, che bella situazione è la mia”. Il produttore di musica non è più un usignolo. Ma il bisogno di guadagnare, come già era avvenuto con Mozart, non va contro le ʽvoci’ dell’anima o i ghiribizzi della fantasia e trae ottimi spunti dai compromessi. Sul formarsi del mercato culturale si riversa un senso di colpa accompagnato da tuoni e fulmini (nel caso da timpani e grancassa). Mentre la colpa è lo stretto nesso col mondo che non si vuole riconoscere».
La musica più autentica dovrebbe allora liberarsi dall’esistenza, ovvero esistere per poco tempo, non sedimentarsi:
«L’arte ha il compito di lasciare le cose incontrastate e potenti, così come sono. Ciò essa può fare in un battito di ciglia. Così si sprigiona la sua immane forza conoscitiva. Ma se ci si imprigiona nella sua stessa esistenza o, per dirla da ontologo, se diventa ʽessere’, diventa parte di quel mondo che nel suo rapito balenìo riusciva veramente a contrastare senza far nulla. Se la musica è il prototipo dell’arte, lo è in quanto essa si perde nell’aria».
Questi alcuni degli argomenti su cui il filosofo fissa la propria attenzione, in un serrato confronto con l’opera di grandi musicisti e pensatori del passato (Adorno, Bach, Beethoven, Bloch, Kant, Mahler, Mozart, Nietzsche, Shopenhauer, Wagner). Ne scaturisce un discorso acuto e raffinato, scandito in sei brevi capitoli, che richiede in chi legge una buona dose di sensibilità e concentrazione.
Guida illuminante e utilissima per cogliere il senso del saggio è la prefazione: qui, Elena Sgalambro offre al lettore gli strumenti necessari per approcciarsi con consapevolezza alla riflessione paterna e accosta all’immagine del Manlio Sgalambro filosofo quella del Manlio Sgalambro papà, uomo bizzarro e affettuoso, che pur amando i propri figli li compativa, in quanto condannati a vivere, per di più a causa sua che li aveva generati.
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